Ricordo perfettamente la mattina di cinquanta anni fa, nella quale arrivò la notizia dell’uccisione del Procuratore della Repubblica Pietro Scaglione e del suo autista Antonino Lo Russo.
L’evento apparve talmente enorme ed incredibile che subito cominciarono a fioccare le ipotesi più disparate su “chissà cosa c’è sotto”, che però sistematicamente trascuravano quella più semplice e tragicamente vera, ossia che la mafia – ed in particolare la famiglia corleonese, la più violenta e feroce – aveva voluto lanciare un potente avvertimento verso tutti, mostrandosi capace di abbattere qualsiasi ostacolo, anche quello rappresentato da una altissima Autorità dello Stato, che in qualsiasi modo contrastava la sua espansione.
E così solo a distanza di anni si è compreso fino in fondo che Pietro Scaglione è caduto – primo di un lungo elenco di magistrati – per la sua azione determinata e tenace di totale contrapposizione alla mafia, lontana da compiacenze e compromessi, che all’epoca non mancavano nel Palazzo di Giustizia e, più in generale, nell’ambito della cosiddetta società “per bene” , proprio quella che, per la sua morte, si rifiutò sul momento di accettare questa evidente verità, e così avrebbe fatto ancora per molto tempo e per tante altre vittime!
Ed anche per l’ingiusto trattamento di incredulità che ha subito, oggi va assegnato a Pietro Scaglione – così come ad Antonino Lo Russo – un posto d’onore assoluto tra i martiri dello Stato nella lotta alla mafia!

LEONARDO AGUECI (Magistrato, già Procuratore Aggiunto di Palermo)

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